Il Silenzio di Dio
IL SILENZIO DI DIO
di Bruno Franchi
Perché Dio non
si va vedere? Perché non ci aiuta eliminando la fame, le malattie, le guerre, e
tutto il male che dilaga nel mondo? Quanti esseri umani nel corso della storia
si sono chiesti questi perché, ma purtroppo TUTTI i perché dell'uomo sono
rimasti dei perché non ascoltati dal momento che Dio è rimasto sempre in
silenzio anche se qualcuno ci fa credere che abbia parlato tramite degli
interlocutori, ma essi erano veramente la voce di Dio? Oppure era la loro
coscienza che parlava? Se si pensa a Dio nessuna parola può descriverlo perché
qualcosa che si ritiene che non abbia spazio né tempo non può che essere al di
là del conosciuto dell'uomo e quindi tutti i tentativi lodevoli per descriverlo
o per rappresentarlo sono altro che la nostra proiezione mentale di desiderarlo
in funzione della nostra realtà.
Nessun essere
vivente pensante nella storia umana è stato in grado di dare una risposta
definitiva sull'esistenza di Dio poiché tutto quello che si è scritto o
raccontato su Dio non rappresenta una prova definitiva sulla sua esistenza
giacché se ci fosse una prova tutto il genere umano non sarebbe ancora qui a
chiedersi: se Dio esiste, o Dio non esiste. Se quindi non c'è mai stata una
prova sulla sua reale esistenza perché l'uomo crede ancora oggi, in un Dio
silenzioso e invisibile che non ha mai parlato e non interviene mai nelle
faccende terrene? Può dunque il Padre di tutti gli uomini come è definito,
lasciare liberi i suoi figli di fare quello che vogliono? Se si prende
l'esempio terreno, la madre e il padre accudiscono i loro figli fin quando sono
piccoli e li educano in funzione di quello che sono, e chi ama i propri figli
li difende e li protegge a costo della sua vita. Non c'è bisogno di scriverlo
ma chi ha dei figli sa che farebbe qualsiasi cosa per loro per non vederli
soffrire, come mai allora Dio non si comporta come un Padre e una Madre
terreni? La risposta forse è un'altra di quelle che ci poniamo da sempre e in
questo breve scritto tenterò di capovolgere la prospettiva che fin dall'inizio
l'uomo è stato inevitabile che si ponesse poiché l'uomo a posto sopra di sé
un'autorità trascendentale che gli desse il senso della propria presenza nel
mondo e nell'universo che l'uomo osservava.
Quando l'uomo
ha cominciato a pensare certamente tutto gli sembrò ostile perché non ne capiva
il funzionamento. Oggi sappiamo che cosa è un temporale ma l'uomo primitivo ne
aveva paura questo perché la nascita dell'intelligenza non ci ha dato
istantaneamente la conoscenza assoluta di tutte le cose, poiché le cose si
comprendono con il tempo e per l'uomo è stato inevitabile percepire il mondo in
quel modo animistico. Dio quindi nasce nella mente dell'uomo come interrogativo
di dare una risposta a quello che l'uomo osservava ma non capiva e quindi il
non capire l’ambiente in cui era immerso per forza di cose nella mente
dell'uomo dovette scaturire un principio metafisico al di là dell’uomo stesso.
L’uomo primitivo dunque non conoscendo nulla di se stesso e del mondo in cui
viveva cominciò a interpretare la natura animandola con le proprie sensazioni
fisiche, il che Animismo e Magia sono nati come primo tentativo di capire la
realtà proiettando però sulla realtà anche le proprie paure e fantasie. L’uomo
primitivo proiettava la sua realtà e la natura era concepita come “animata",
ma quest’animazione era limitata dalle proprie reali esperienze e sensazioni.
Gli spiriti non potevano che essere di aspetto terreno, il sole e le stelle
erano considerate come le persone viventi. Le anime dei morti continuavano ad
esistere negli animali. Si può dire che il mondo mentale del primitivo non
falsificava la natura ma la trasformava al suo desiderio di continuità. Anche
oggi tendiamo a proiettare la nostra realtà su tutto quello che non si conosce
e Dio è il mistero assoluto e anche se non si è mai presentato agli uomini a
parte gli atei la maggioranza dell’umanità crede in un Dio creatore.
La ragione di
tale credenza nasce dal fatto che fin dall’inizio abbiamo percepito un qualcosa
che anche oggi sentiamo ma non sappiamo spiegare e chiunque a fede sa che Dio
esiste in quanto lo sente dentro di sé. Esiste dunque un Dio al di sopra di
noi? Oppure ci stiamo illudendo fin dall’inizio? Non c’è dubbio che la non
conoscenza delle cose ci ha portato a credere che al di là delle cose ci fosse
un creatore che abbiamo definito in tanti nomi, ma al di là della parola per
definirlo l’uomo ha sempre percepito nel suo intimo che c’è qualcosa cui l’uomo
sente ma non riesce a conoscere pienamente con i propri sensi che sono l’unico
strumento per sentirlo e conoscerlo.
Nel mio libro
“Siamo Dio Oltre Fede e Scienza” ho voluto cercare di capovolgere tutto quello
che l’uomo si è creato fin dal principio per dare un senso di cosa è l’Universo
materiale in cui la vita è la punta più avanza poiché unica specie capace
d’indagare se stessa e l’universo dove è immersa. Il silenzio di Dio è
perfettamente comprensibile se viene capovolta la prospettiva di come si
guardano le cose poiché se Dio diventa egli stesso il protagonista vitale,
tutto cambia alla luce di tale prospettiva, giacché quello che si è sempre
considerato silenzio in realtà diventa comprensibile se è Dio che partecipa
alla creazione essendo egli stesso la creazione come atto per esistere in
un’altra forma che egli stesso si è creato per rendersi visibile. Il Dio che ci
siamo creati non è mai intervenuto perché come può un Dio intervenire se egli
stesso che sta partecipando alla corsa? L’universo materiale visto in
quest’ottica non è separato da Dio come nella prospettiva che vediamo noi
poiché noi trasferiamo la nostra realtà divisa in ogni cosa che guardiamo. Goethe
diceva: “Qual è la cosa più difficile di tutte? Quella che sembra la più
facile: con gli occhi vedere ciò che davanti agli occhi si trova”. Possiamo
pensare di essere creatore e creatura nello stesso tempo? Per rendere più
chiaro il concetto farò un esempio: mettiamo che un giorno una persona chiamata
Guido perda la memoria, da quel giorno Guido non sarà più Guido poiché non avrà
l'identità psichica di essere Guido, quindi essere privo di memoria diciamo che
diventa l’identità psichica X così nella mente ci saranno due identità: Guido +
X, la nuova identità X non sapendo però a dentro di sé Guido che non ricorda,
per ricordare di essere Guido va nei luoghi dove ha vissuto Guido. L'identità
nuova X nel vedere tali luoghi: casa, lavoro, persone, ecc.... ecc.... rimane
impassibile perché i luoghi e tutto il resto non gli fanno sentire e ricordare
nulla della propria storia. Per la nuova identità X dunque diventa difficile
capire chi è anche se davanti ai suoi occhi c'è tutto di Guido. Ma gli occhi
guardano ma non succede nulla nella mente. Un giorno però qualcosa di nuovo
accade, la X guardando la fotografia di Guido rimane per un attimo incantata
perché sente una strana sensazione dentro di sé come se quella fotografia gli
comunicasse qualcosa che però con la ragione non sa spiegarsi. Quella piccola sensazione
gli fece riaffiorare un lampo di intuizione nella sua mente, un fotogramma di
ricordo troppo breve per afferrarlo nella consapevolezza di ricordare
pienamente di essere Guido. Dopo quella sensazione la X decide con la ragione
di osservare meglio le cose, poiché sente che quelle cose gli possono dare la
risposta ha tutta la sua angoscia di voler sapere chi è realmente. Come un
orfano senza conoscenza della propria origine, la X allora decide che la sua
nuova Vita dovrà essere all'insegna della ricerca della verità, poiché la
Verità non è la nuova vita anche se in quella vita falsa può fare tutto,
mangiare, dormire, lavorare, fare l'amore, ma la nuova Vita inconsapevole è
ignorante del vero sé, ha sempre nella mente quella piccola visione, un ricordo
che la nuova identità X amplierà soltanto nella conoscenza della storia di
Guido, più conoscerà le cose di Guido più la X ricorderà di essere Guido. La X
non sa quanto ci vorrà per arrivare a capire, arrivare a conoscere e sentire la
vera identità, ma sa che se rinuncerà a cercare dovrà rassegnarsi a vivere da X
fino alla morte della falsa x, se invece con determinazione, coraggio, e tanta
osservazione potrà riuscire a ricordare, non importa quanto ci vorrà, un
attimo, un giorno, tutta la vita, un giorno la X conoscerà la Verità, e il
cammino dell’identità X sarà servita per arrivare a Guido. Con questa piccola
storia di Guido e la X ho voluto far riflettere che da sempre tutti viviamo
cercando qualcosa, questo qualcosa ognuno lo identifica e lo cerca con il
vissuto della propria identità che può essere Ernesto, Maria, Giovanni, Carla, ecc...
ecc..., ma il vissuto di ogni identità psichica rappresenta il tentativo per
ricordare di essere TUTTI l’energia infinita che abbiamo chiamato, Dio, poiché
se la persona che perde la memoria togliamo Guido dalla sua mente, e ci
mettiamo al suo posto Dio chi dovrebbe ricordare di essere?
Potrà sembrare
un paradosso di essere Guido ma nello stesso tempo essere anche Dio, non ha
caso ogni religione dice che Dio è dentro di noi, quindi la nostra intelligenza
va vista come un ricordare quello che siamo già. Se pensiamo all’intuizione
nessuno ha mai compreso fino in fondo cosa sia, giacché l’intuizione non nasce
dall’esperienza come qualcuno afferma dal momento che il nuovo è qualcosa non
legato al vecchio inteso come conosciuto. L’intuizione quindi è un attimo di
verità, un frammento di ricordo che cogliamo nella mente ma non sappiamo da
dove nasce. Lo diamo per scontato il poter acquisire nuove informazione in
tutti i sensi, ma tali informazioni sono come le informazioni della persona che
ha perso la memoria che guardando i luoghi e gli oggetti o le persone familiari
ricorda la sua vera identità. L’analogia fra l’uomo che perde la memoria e noi
ci fa capire che il cammino che stiamo facendo da molto tempo ci porterà verso
qualcosa di familiare che lo possiamo percepire prima con la sensazione e poi
tradurlo nel linguaggio della mente per materializzare tale sensazione,
indagando come stiamo facendo da lungo tempo con i sensi quello che avviene in
ogni campo della conoscenza, per capire chi siamo, da dove veniamo e dove
stiamo andando.
C’è un bel
racconto zen che dice: “Oh, quanto soffro. Le altre onde sono così grandi e io
sono così piccina. Alcune onde sono tanto ricche e io sono così misera”. E
l’onda grande gli rispose." Pensi di soffrire perché non hai visto
chiaramente il tuo ‘volto’ originale”. “Non sono un’onda? E che cosa sono,
ribatte l’onda piccina”. “L’onda è solo la tua forma temporanea, in realtà sei
acqua”. “Acqua?” esclamò l’onda piccina”. “Quando ti renderai conto che la tua
essenza fondamentale è l’acqua, non penserai erroneamente di essere un’onda e
la tua sofferenza sparirà”. “Oh, capisco io sono te è tu sei me siamo entrambi
parti di un sé più vasto”.
Con questo
racconto si pone il problema di come nella nostra realtà individuale si pensa
egoisticamente di appartenere solo a se stessi poiché l’uomo che non sente non
può che sentire il proprio dolore o piacere perché non è in contatto con il
proprio nucleo vitale, e di conseguenza con gli altri visto che è come un
fortino le cui mura non gli permettono di sentire tutto l’universo che ha
intorno. Noi siamo dunque acqua = Dio ma ci sentiamo onda = Figlia di un mare
d’acqua che non vediamo e non sentiamo così le onde si dividono dal mare
d’acqua perché pensano da onde e come tale tutto sarà in funzione della
divisione fra onda e mare e per le onde diventa normale e logico pensare al
mare come creatore delle onde.
Per tornare al
silenzio di Dio diventa chiaro del perché il Dio che ci siamo creati non ha mai
parlato e non si è fatto mai vedere perché alla luce della non divisione tutto
è riconducibile all’unità quindi è Dio che sta camminando con le forme che si è
dato e quando ci renderemo conto che la nostra essenza fondamentale è Dio, non
penseremo erroneamente di essere Giorgio, Maria, Carlo, Elisa, ecc.... ecc... e
la nostra sofferenza sparirà poiché se siamo Dio nessuno ci può aiutare: è
questo il paradosso di essere Dio ma nello stesso tempo essere qualcosa che
sente, pensa ma non sa del perché sente e pensa in quanto non ricorda ancora di
essere Dio.
Quanti
disastri l’uomo ha compiuto verso se stesso, massacri dopo massacri, che non
hanno mai trovato ascolto da parte di un Dio inventato per necessita, che non
poteva intervenire quando milioni di credenti lo invocarono inutilmente, prima
che venissero asfissiati nelle camere a gas per mano di altri esseri umani.
Dov’era Dio quel giorno, si sono sempre chiesti i credenti del Dio Padre. La
risposta a tale olocausto non c’è mai stata, ieri, e anche oggi. Milioni di
persone devote ad un Dio che li ha lasciati morire nonostante le preghiere di
aiuto. Un Dio che si è sempre creduto onnipotente, come può far vivere i suoi
figli nell’inferno? Un Dio perfetto non può creare imperfezioni, ma crea copie
perfette di sé, senza bisogno di evoluzione.
Quando Reich,
in Etere Dio e Diavolo, scrive: “La sete di conoscere esprime tentativi
disperati, a volte, da parte dell’energia orgonica entro l’organismo vivente, a
comprendere se stessa, a divenire consapevole di sé. E nel comprendere i propri
modi e i propri mezzi di essere, essa impara a capire l’oceano di energia
orgonica cosmica che circonda il prorompere e l’indagare delle emozioni. Qui
noi ci accostiamo al massimo enigma della vita, la funzione dell’AUOTOPERCEZIONE
e dell’AUTOCONSAPEVOLEZZA.”
E l’energia
infinita Dio che alimenta l’identità finita... non è l’identità finita che
alimenta Dio, poiché noi abbiamo iniziato a pensare grazie a Dio che si è
costruito nel tempo un corpo, e organi di senso che potesse vedere, odorare,
toccare, sentire, gustare, dentro il luogo=Terra che si è creato per esistere
in altre dimensione di sé.
Per rendere
più chiaro cosa voglio dire faccio un altro esempio. C’è un personaggio della
fantasia umana che si chiama: L’uomo invisibile. Di questo personaggio nato dalla
mente di un uomo inconsapevole.... ne hanno fatto poi diversi film. Il
protagonista della storia, uno scienziato eccentrico è non normale al canone
degli altri esseri viventi della realtà, dopo che aveva trovato la formula
chimica dell’invisibilità, come in ogni trama della lotta tra bene e male, lui
non riesce più a ritornare come era prima, e quindi perdendo la visibilità
corporea della vita come il mondo conosce, per rendersi visibile agli altri,
doveva bendarsi tutto il corpo invisibile per renderlo visibile e materiale
come prima, altrimenti rimaneva nel suo stato perenne di solitudine
invisibilità corporea=identità finita che anche lo specchio non poteva
riflettere, ma se bendato lo specchio rifletteva la sua immagine e identità e
lui con gli occhi invisibili poteva vedere di nuovo se stesso.
Se trasferiamo
in Dio questa invisibilità che si rende visibile con bende materiali che lo
avvolgono formando una figura maschile e femminile come nel celebre disegno di
M.C.ESCHER, si può cogliere il senso della vita in questo pianeta in una sola
immagine che è uscita dalla mente di un uomo come tentativo artistico=ricordo
che l’identità psichica e di chi ha scritto anche il racconto in questione. E
anche L’immagine di M.C.ESCHER che gli è apparsa nella mente e trasferita sulla
carta, grazie a Dio che è la sorgente infinita dove ogni nuova intuizione umana
proviene senza che l’identità relativa psichica se ne renda conto consciamente.
L’esempio
dell’uomo che perde la memoria di sé, ci può far capire che tutti gli esseri
viventi pensanti, non sono stati mai consapevoli mentre facevano le loro scelte
di sopravvivenza quando erano animali, e neanche nel passaggio successivo dove
l’animale e diventato vita pensante essendosi staccato per scelta di sopravvivenza
dal regno animale dove era nato.
Dio quindi
all’inizio del suo commino materiale, non è mai stato consapevole ma nelle
scelte per esistere, ha sempre avuto la possibilità di ricordare come è
avvenuto con il primo seme di ricordo che è diventato pensiero, e poi
intelligenza.
Noi non siamo
intelligenti per casualità, come non siamo nati per caso, in noi esiste il
Guido=Dio del racconto che noi non ricordiamo di essere.
Queste parole
spogliate di misticismo e meccanicismo, assumono una visione chiara alla luce
della conoscenza di chi siamo, poiché il nostro anelito a cercare attraverso
ogni espressione umana, non può che essere un tentativo talvolta disperato di
capire la nostra origine cosmica, tale origine, non può essere lontana o divisa
da noi, ma al contrario, è più vicina di quanto noi pensiamo e crediamo. Il
credente che cerca Dio nella preghiera, o il filosofo lo scienziato, che cerca
la verità nel ragionamento, o nell’osservazione della natura, hanno in comune
lo stesso sentire, che li spinge nella stessa direzione, anche se in modi
diversi. Come l’uomo che perde la memoria di sé, ciò che è malato finirà di
vivere in modo deformato, tale deformazione è sempre stata una nostra scelta, e
fa parte del cammino stesso che l’energia orgonica cosmica=Dio inconsapevole di
sé, nel tentativo evolutivo per poter arrivare a ricongiungersi con se stessa
nella pienezza di esprimersi, per esistere, essere reale, essere AMORE per
sempre.